Erano
giornate di luglio, tanto assolate da riempirti gli occhi. E la luce era forte
tanto da farti piangere, ma calda e attraente da don potervi rinunciare...
Uscivi all’aperto, facevi pochi passi e andavi sul retro della casa. Lì si
trovava il campo appena mietuto, si camminava sulla paglia, si affondava nei
cumuli, ci si riempiva di pagliuzze dorate, si respirava l’odore del grano
maturo accecati dal caldo bagliore.
Erano
giornate d’agosto, calde, secche e il terreno odorava di arso, bruciava. Si
giocava seduti per terra, sulle zolle, con le zolle. Si facevano a pezzi fichi
d’india, canne, foglie, legnetti, e si costruivano antri, percorsi, ripari. Ci si metteva sulla pelle tutto, si
toccava tutto e alla fine della giornata si odorava di tutto. Si inseguivano
farfalle, grilli, lucertole, ramarri, rane, libellule...
Erano
notti d’estate, in cui si ragionava di via lattea, di stella polare, di gran
carro. Di luna e di sole.
(15.12.2018)
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